Va bene lo ammetto… mi piaceva essere chiamata la “ragazza del mosaico”!
L’anno scorso, come avevo raccontato nel mio diario, ho avuto la possibilità di lavorare sul mosaico di Aion, di essere una delle poche persone a poterci camminare sopra (ovviamente a piedi nudi). Mi è piaciuto così tanto che l’idea di lavorare su un mosaico anche quest’anno mi stuzzicava parecchio e invece è andata diversamente. Aion è rimasto sottoterra e… di mosaici come quello non se ne trovano certo tutti gli anni!
In questa campagna 2016 sono finita al Sondaggio 34, un sondaggio aperto appena al di fuori della recinzione che delimita l’area di scavo e vicino al luogo in cui ho lavorato nel 2015. L’idea era quella di capire la relazione tra il grande mosaico e l’area della villa. Con tutta onestà non ci si aspettava di trovare grandi cose, in fondo anche in quel punto non dovevano essere passati gli aratri?! È stata quindi una grande sorpresa quando, al di sotto di uno straterello di sabbiolina gialla, è stato trovato un pavimento in cocciopesto perfettamente conservato con inserti in pietre viola, da noi poi affettuosamente soprannominato “cocciopesto bello”. Sono passata così dal pulire un pavimento a mosaico a uno realizzato in cocciopesto (anzi non uno, almeno tre), ma non solo.
A Vignale non c’è stratigrafia, dicevano. In realtà nel sondaggio sono venuti alla luce muri e pavimenti uno sull’altro, tagliati a loro volta da “buche”. Il tutto ci ha raccontato una storia del sito che finora non conoscevamo, una storia che ha radici molto più antiche della villa e che probabilmente continua a lungo dopo di essa.
Ma com’è possibile tradurre in un qualcosa di più concreto e comprensibile tutte queste informazioni? Non è (e non sarà) semplice. Il mio contributo è stato quello di pulire le sezioni delle due “buche” o meglio, per essere più corretti archeologicamente parlando, dei due tagli da noi individuati.
Va bene lo ammetto… mi sono divertita un sacco in questo lavoro di fino, un lavoro che come mio solito ho accompagnato da posture poco consone e comode. Provate voi a stare un’intera giornata sdraiati a testa in giù nel tentativo di capire le varie fasi di costruzione e/o distruzione! Tanti ragionamenti ci aspettano ancora ma per ora, nel mio piccolo, penso proprio di potermi ritenere soddisfatta.
Me ne rendo conto… noi archeologi siamo persone un po’ strane. Ci piacciono cose incomprensibili a occhi poco esperti: vogliamo paragonare un unico mosaico, per quanto strepitoso sia, con l’intera storia in successione del sito? Ebbene sì, ci piace complicarci la vita! Non ci sarebbe nessun divertimento se tutto fosse semplice e lineare… Andando avanti con gli studi mi trovo sempre più a chiedere a me stessa perché ho scelto di studiare archeologia, quale follia mi ha spinto a entrare in un mondo così ostile… Sinceramente? non so darmi una risposta, so solo che nel momento in cui ho scavato nel mio caro sondaggio (anche quando ero completamente paralizzata dal freddo) sono stata la persona più felice al mondo. Quando ti diverti tutto può diventare possibile.
Giulia Elena Lugli
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Bellissimo post. Fa capire tante cose e evoca delle domande importanti. Nei concetti di ostilità, ricerca, ma soprattutto passione, passione, passione ripetute al ritmo con cui batte il cuore, perché è quello il ritmo che ci rapisce e ci porta via quando vogliamo esplorare, noi umani.
Da Sportivo anche a livello agonistico trovo strano ancora ci sia poca interdisciplinarità (per quanto buffa potrebbe essere) nel avere degli archeologi che siano preparati fisicamente. Ma sinceramente è come vedere quella gente che va a sciare 3 giorni all’anno e pretende di non rompersi un femore, il bacino o non rimanerci secco.
Non dico che sia così percioloso, non è questo il punto. La questione è invece che ci si dovrebbe allenare, si dovrebbe essere prestanti in quanto la vita e anche il lavoro in questo caso ci costringe a posture non adatte, non ergonomiche oltre a tutti gli incidenti esterni al lavoro (se non quelli interni ad esso) ai quali uno strato di muscoli è il buffer ideale (e purtroppo poco conosciuto ancora, tranne che nel mondo militare forse o in quello del football americano) per proteggere da infortuni, ridurli, aiutare una rapida guarigione, o comunque prevenire un effettivo avvenire dell’infortunio stesso (o ripeto, alleggerirne la gravità potenziale nel momento in cui avviene).
No, questo non è esagerare, bisogna spingersi oltre e chi vuole o chi sa dovrebbe allenarsi, colui o colei che fa l’archeologo con se non esercizi anaerobici, esercizi aerobici invece e molto molto molto stretching oltre ad una buona alimentazione.
Ne va delle ricerche, perché tutto impone i suoi effetti su tutto. Ormai siamo arrivati a questi livelli di scienza e andremo molto oltre ed è bene prendere sul serio ciò che sappiamo, perché influisce su ciò che facciamo e aiuta a migliorare. Non è del resto questo l’obiettivo di tutto o è solo godere, e il piacere o magari la sofferenza e il sacrificio? Ecco forse il sacrificio, nel senso che ci vorrebbe maggiore sacrificio e coraggio affinché si realizzino migliori risultati come quello di essere tutti archeologi attivi fisicamente.
Non credo che questo sia un mondo ideale, quello che propongo. Viviamo già in un mondo ideale.
Un mondo in cui alcuni di noi si possono permettere di fare gli archeologi. Non so se ce ne rendiamo conto, mentre altri sotto macerie cercano pezzi o persone ancora vive, sotto le bombe o la violenza cieca.
viva il cocciopesto bello, viva il mosaicooooo! uno-due uno due uno due!