A cambiare la storia archeologica di Vignale fu, tra il 1830 e il 1835, il rapporto – per la verità un po’ burrascoso – tra il granduca di Toscana, Leopoldo II d’Asburgo Lorena, e il cavaliere pisano Lelio Franceschi, all’epoca proprietario della estesissima tenuta di Vignale.
Dopo che gli scavi eseguiti per la costruzione della Strada Regia Grossetana ebbero riportato alla luce una parte consistente del sito archeologico di Vignale e soprattutto il famoso mosaico, tra il granduca e il cavaliere si sviluppò una lunga trattativa su che cosa fare di quei resti.
Leopoldo II voleva che sul mosaico venisse costruita una “casa”, per proteggerlo e renderlo visitabile, e che il resto del sito venisse recinto da “una siepe con cancello”, per trasformarlo in quello che fu probabilmente il più antico parco archeologico italiano.
Per convincere il proprietario del campo a realizzare le opere necessarie, gli offrì in cambio la proprietà della fascia di terreno ai lati dell’antica via Aurelia, che attraversava la proprietà Franceschi e che proprio in quegli anni si andava smantellando in concomitanza con la costruzione della nuova Strada Regia da Pisa a Grosseto.
La trattativa fu lunga e complicata, come dimostrano le molte lettere ufficiali che sono conservate negli archivi della famiglia Franceschi e in quelli delle cancellerie granducali; anche perché tanto il granduca quanto il cavaliere erano uomini di forte personalità, tutt’altro che disposti a cedere in affari e, a buon peso, stando almeno a un appunto di pugno di Leopoldo II, non si stavano neppure troppo simpatici.
Ma alla fine un accordo fu trovato e il 4 luglio 1835, quattro anni e mezzo dopo la scoperta del mosaico, un atto formale sancì la nascita del piccolo parco archeologico di Vignale e la prossima costruzione della “casa del mosaico”.