Uno scavo è uno scavo: è un’operazione tecnica, compiuta da professionisti, per leggere frammenti di storia nascosti nelle forme della terra.
Una ricerca archeologica è molto di più. Una ricerca comincia prima dello scavo e finisce dopo; continua anche quando lo scavo è fermo, nei mesi invernali, nei fine settimana, tutti i pomeriggi dopo lo scavo, qualche volta anche di notte.
Una ricerca è molto di più di uno scavo anche in senso spaziale: si estende al di fuori della recinzione del cantiere; coinvolge territori progressivamente più estesi, che con le vicende riportate alla luce nello scavo hanno qualche forma di relazione.
Una ricerca è molto più che uno scavo
Ma una ricerca è molto più che uno scavo perché è anche una grande avventura intellettuale che coinvolge delle persone. Certamente gli archeologi, ma anche tutti coloro che con la ricerca vengono in contatto.
A Vignale siamo particolarmente fortunati, perché intorno a noi si è creato un forte interesse da parte di una comunità viva: un quartiere-quasi-paese (che belli che sono i paesi toscani e le persone che li abitano) che ha riconosciuto nella nostra ricerca un valore importante.
Una comunità che ha visto in noi non dei marziani che arrivavano per un mese all’anno a fare buchi in un campo, ma delle persone con cui si poteva fare un percorso comune: nella ricerca dell’identità storica di una comunità giovane, nel disegnare lo spessore cronologico di un paesaggio bellissimo, nel progettare un futuro di quella comunità e di quel paesaggio.
Una comunità che ha visto in noi non dei marziani, ma delle persone con cui si poteva fare un percorso comune
Noi ci abbiamo messo la disponibilità ad aprire il recinto del nostro scavo; la comunità ci ha messo la disponibilità a entrare, in molti modi diversi, nel piccolo pezzo di paesaggio passato che abbiamo riportato al presente.
Lo scavo ha progressivamente smesso di essere il luogo dove lavorano i professionisti dell’archeologia, per diventare uno scenario in cui i singoli componenti di una comunità, gli amministratori locali, le associazioni culturali possono interagire, direttamente e semplicemente, con il proprio passato.
Il nostro scavo va avanti ormai dal 2004: un tempo lunghissimo per l’operazione tecnica, ma un tempo “giusto” per la ricerca e un tempo forse ancora troppo breve per l’avventura intellettuale individuale e collettiva che stiamo vivendo.
L’immagine più bella che coltiviamo in noi del nostro scavo è quella del cantiere perennemente “assediato” da bambini, adulti, anziani; da soli, in gruppetti o in comitive.
Dover smettere ogni tanto di scavare per raccontare è il miglior risultato di questa esperienza. Siamo felici di farlo, perché per scavare, intanto, c’è sempre tempo.
Magari, come diceva un poeta, “rubando alla notte tanto tempo di sonno non necessario”.
E, come sanno perfettamente i giovani archeologi che scavano a Vignale, in quelle quattro o cinque settimane all’anno si dorme davvero poco.
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Nina Marotta
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