Scavare un insediamento – studiare un paesaggio
È difficile dire che cosa stiamo realmente scavando al Vignale. La risposta più giusta sarebbe semplicemente: „stiamo scavando tutto“. Nel senso che al Vignale si può provare a leggere il „tutto“ di un paesaggio in trasformazione: le costanti e i cambiamenti nel tempo del substrato naturale e le costanti e i cambiamenti nel tempo delle attività umane e delle forme dell’insediamento.
Si possono leggere, nella loro relazione con il paesaggio, la storia di un villaggio (o forse anche di più villaggi) e quella delle case sparse, la storia di una villa romana e quella di una mansio al servizio della Via Aemilia Scauri, la storia di un castello e quella di una fattoria, ma anche la storia della nascita di un paese moderno e quella dell’impianto di alcune grandi infrastrutture tipiche della nostra civiltà attuale.
E si può provare a progettare un modo in cui tutte queste cose siano rese meglio comprensibili all’interno di un paesaggio da conoscere, salvaguardare e valorizzare.
Un villaggio o case sparse?
Uno dei temi centrali della ricerca è rappresentato dalla forma di insediamento prevalente nei secoli su cui siamo meno informati dalle fonti scritte e dalle tracce archeologiche. Per l’epoca pre-romana abbiamo solo pochi reperti sparsi, ma la presenza di un villaggio in un paesaggio naturale di questo tipo sembra essere almeno probabile.
Lo stesso vale per l’epoca tardoantica, quando la presenza di villaggi rurali in quest’area è certificata da una preziosa fonte storica (il de Reditu di Rutilio Namaziano): appare in questo momento molto plausibile che proprio ad un villaggio facesse riferimento il sepolcreto che è stato individuato ma non ancora scavato.
Alla presenza di case sparse – o quanto meno di un insediamento a maglie assai più larghe – sembra invece far riferimento il sistema delle carte d’archivio per i secoli del primo medioevo.
Una mansio, una villa, o entrambe?
I resti archeologici relativi all’insediamento di epoca romana sono invece assai più consistenti, ma questo non risolve il problema della loro intepretazione. Quelli fin qui ritrovati potrebbero infatti essere relativi tanto a una mansio – cioè a una stazione di sosta lungo la Via Aemilia Scauri – quanto a una villa, ovvero a un insediamento residenziale e produttivo, collegato con la produzioni agricole locali e con la fabbricazione di tegole e anfore da trasporto.
Gli argomenti a favore dell’una o dell’altra ipotesi sono numerosi, ma non è impossibile che quella migliore sia una ipotesi „intermedia“: l’insediamento romano sarebbe cioè costituito da una villa, una parte della quale avrebbe assunto nel corso del tempo le funzioni di struttura di servizio sfruttando la vicinanza al tracciato della grande arteria stradale.
La pieve e il castello
L’indagine archeologica attualmente in corso non ha ancora affrontato specificamente lo scavo di contesti di epoca medievale, ma il quadro insediativo del territorio di Vignale tra i secoli VIII e XIV è rischiarato dall’apporto delle fonti letterarie.
In particolare le carte degli archivi di Lucca testimoniano come le vicende di questo territorio siano legate a due istituzioni fondamentali: la pieve di S. Vito „in Cornino“ e la torre – e poi il castello – „nel luogo che è detto Vignale“.
Della pieve manca qualsiasi traccia archeologica e la sua ubicazione nel territorio di Vignale, benché probabile, rimane per il momento incerta; del castello – o almeno della fase più tarda di un insediamento che sembra aver avuto più di una forma – rimangono invece cospicui resti, tutti da indagare, tra la fitta macchia che ricopre la collina più alta della zona.
Il latifondo, la fattoria, il paese
La lunga storia degli insediamenti umani al Vignale rimane molto interessante fino alle soglie dell’epoca contemporanea. Una serie di circostanze ha infatti permesso una eccezionale conservazione complessiva del paesaggio di questa porzione di Maremma, in cui è quindi ancora possibile leggere le tracce del dissolversi del sistema insediativo medievale, caratterizzato dall’abbandono del castello e dalla formazione di una grande azienda agricola a carattere latifondiario.
I possedimenti dell’azienda si estendevano, ancora nella prima metà dell’800 e poi fin quasi alla seconda guerra mondiale, per molte centinaia di ettari e il suo centro organizzativo e direzionale si trovava nella fattoria che sorge a mezzacosta. Alla complessa gestione di un latifondo così vasto si deve la nascita di una serie di casali dispersi nel territorio e, in ultima analisi, anche la nascita del paese di Riotorto, le cui origini sembrano appunto legate alla necessità di alloggiare la manodopera necessaria ai lavori dei campi. (continua…)
il paese di riotorto sorge su di un insediamento romano, lo stesso insediamento faceva capo ad una grande struttura, ubicata ove oggi è stato costruito borgo degli olivi, proprio sotto il ristorante vi è la villa, mentre andando in direzione di vignale si rilevano strutture cimiteriali costituite in prevalenza da tombe a cassone. i reperti di superficie costituiti da anfore, vasi orientalizzanti e corinzi, buccheri a vernice nera e rossa. vari i ritrovamenti monetali attestanti una struttura risalente all’età repubblicana, come evidenziano le monete recanti giano bifronte e prora nave. tale struttura andò oltre, infatti le monete trovate nella zona borgo degli olivi sono relative sia ad antonino pio, costantino, filippo l’arabo, massimiano, probo, macrino e licinio, oltre vari denari relativi a traiano, costantino e massimiano, oltrechè licinio dai ritrovamenti monetali si arriva almeno fino al 465 dc. sotto il parcheggio di fronte a borgo degli ulivi erano delle colonne e dei capitelli, probabilmente relativi ad un piccolo tempio. una tomba a cassone è situata di fronte al cimitero di riotorto a fianco sx della strada che porta a vignale, sfortunatamente tutte queste notizie sono state ben celate onde evitare che venissero bloccati i lavori di costruzione delle villette bifamiliari e del complesso borgo degli olivi…